venerdì 19 giugno 2015

Giornata Mondiale del Rifugiato

Il 20 Giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Rifugiato (Word Refugee Day) organizzata, ogni anno, dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Mai come in questo periodo e soprattutto in questi giorni è fondamentale fermarsi un attimo a riflettere sui motivi che spingono milioni di esseri umani in tutto il mondo ad abbandonare il proprio paese, forse per sempre alla ricerca della salvezza. Abbiamo tutti in mente le immagini riguardanti i fatti di Ventimiglia e quelle della stazione di Milano, solo per citare i fatti più recenti. Situazioni che abbuffano i discorsi di xenofobi e di sedicenti difensori della nazione e della nazionalità che non fanno altro che montare l'odio e la paura.

Con questa giornata l'UNHCR oltre a celebrare l'approvazione nel 1951 della Convention Relating to the Status of Refugees (la convenzione sui rifugiati) vuole proprio spiegare a tutti i motivi che generano i flussi migratori. Per l'occasione viene organizzato in Italia un concerto di beneficenza il "Word Refugee Day Live" che quest'anno si terrà a Firenze e vedrà esibirsi, tra i tanti artisti presenti, Elisa, Piero Pelù e la Bandabardò. Durante la serata verrà suonata una chitarra costruita con legno proveniente da una delle imbarcazioni usate dai migranti per attraversare il Mediterraneo.

La Giornata Mondiale del Rifugiato vuole ricordarci che se come persona o come popolo sono braccato, perseguitato, umiliato e vivo in perenne stato di pericolo ho tutto il diritto di chiedere ospitalità in un altro paese. Questo diritto non può essere negato. Detto questo è chiaro che per scappare devo inevitabilmente, o quasi, diventare un clandestino per raggiungere il paese in cui richiedere lo status di rifugiato ed è altrettanto normale e giusto che il paese ospitante mi soccorra e mi accolga.

Ho sempre pensato che un mondo in cui c'è la libera circolazione delle merci e non esiste invece la libera circolazione degli individui è un mondo profondamente malato.

Aprire i confini e permettere a chiunque di raggiungere un altro posto senza intermediari, senza mafie internazionali che sfruttano il fenomeno, senza interessi economici da parte degli stati ospitanti e di provenienza, ma soprattutto senza essere costretti ad affrontare viaggi assurdi con la morte dietro ogni angolo, sarebbe un gesto di semplice umanità.
Di conseguenza, a questo punto, la domanda è: quanto siamo umani?

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